L’ennesimo “ultimo” film di Soderbergh è una sublime coreografia di corpi attoriali, in cui Michael Douglas e Matt Damon si spogliano dei rispettivi status per abbandonarsi a isterie e tenerezze, trasfigurati dalla bravura prima che dal make up. Nato nel 1919, Liberace raggiunge il successo come pianista negli anni ‘50, impressionando tutti con i suoi spettacoli eccentrici e colorati, e presentandosi al pubblico sempre truccato, cotonato e con abiti sgargianti. Eppure Liberace negherà per tutta la vita la sua omosessualità e l’amore, durato dal 1977 al 1982, per l’ex giovane autista divenuto amante, amico e confidente. Il film è la storia di un uomo pieno di contraddizioni, capace di tenere in pugno platee sconfinate grazie a un talento così accentuato da travolgere un’intera vita. Liberace è morto quasi 30 anni fa ma continua ad essere di una modernità estrema: primo esempioì di icona costruita a tavolino, intercettatore infallibile dei gusti del pubblico, mito senza tempo che continua a provocare e intrattenere, oggi come allora.