“The Grandmaster” è la storia di un mondo alla fine, è il racconto della sconfitta di un gruppo di virtuosi che oppone inutilmente al caos della realtà una pratica fondata sul controllo fisico e spirituale del corpo. Durante gli anni Trenta nel sud della Cina, lo studio delle arti marziali è prerogativa esclusiva di una scuola di maestri. I metodi rigidi e severi imposti agli allievi si scontreranno presto con la ribellione e l’abilità del giovane Ip Man. A partire da questa essenzialità narrativa Wong Kar-wai esprime al meglio la classicità del suo cinema, che qui è coreografato, cupo, squarciato dalla luce, sovraccarico di primissimi piani, corpi danzanti, particolari, e al tempo stesso è intimo, minimale, capace di racchiudere l’intensità del mélo in una cornice sentimentale trattenuta. Con “The Grandmaster” Wong realizza in pieno la sua idea di cinema, la sua elegia per un modo di intendere l’arte che non esiste più, in un film pittorico di rara perfezione calligrafica. Da vedere!