Il cinema di Arnaud Desplechin ha qualcosa che commuove profondamente. Qualcosa di personale che l’autore ci dona senza che sia mai evidente. Alla fine della seconda guerra mondiale, Jimmy Picard, un americano che ha combattuto in Francia, arriva in un rinomato ospedale di veterani in Kansas. Jimmy soffre di lancinanti emicranie e perdite improvvise di vista e udito ma, nonostante una serie di esami, le sue condizioni lasciano perplessi i medici. Incapaci di aiutarlo i dottori chiedono l’aiuto di Georges Devereux, un antropologo e analista francese anticonformista. Sin dal primo incontro, i due uomini stabiliscono un rapporto di fiducia nel momento in cui Jimmy intuisce il profondo interesse di Georges per la cultura dei nativi americani. Un indiano Pikuni e un ebreo ungherese, due popoli esiliati, due selvaggi venuti dalle praterie di due continenti, due sopravvissuti che hanno percorso le zone grigie e inquietanti della malattia, fraternizzando nella lingua di un Paese straniero.