SEMPRE DOMENICA
Controcanto Collettivo
SEMPRE DOMENICA
Controcanto Collettivo
29 August 2017 | 21.30
Prezzo: €5.00
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Segnalato dal Premio In.box “Sempre domenica” è un lavoro sul lavoro, sul tempo, l’energia e i sogni che il lavoro quotidianamente mangia, consuma, sottrae. Sul palco sei attori su sei sedie, che tessono insieme una trama di storie, che aprono squarci di esistenze incrociate.
Vite che si arrovellano e intanto si consumano, un coro di anime, una sinfonia di destini che a tratti si ribellano eppure poi si arrendono.
Di Controcanto Collettivo
Regia Clara Sancricca
Con Federico Cianciaruso, Fabio De Stefano, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero
Vincitore del Premio In.box, “Sempre domenica” è un lavoro sul lavoro, o meglio sul tempo, l’energia e i sogni che il lavoro quotidianamente mangia, consuma, sottrae. Sul palco, sei attori su sei sedie tessono insieme una trama di storie incrociate. Sono vite affaccendate nei quotidiani affanni, vite che si arrovellano e intanto si consumano, che a tratti si ribellano per poi arrendersi. In questo carosello di moti e fallimenti è il lavoro a suonare la melodia più forte, quella dell’ineluttabile, dell’inevitabile, del “così è sempre stato” e del “sempre così sarà”. “Sempre domenica” è un coro di anime, una sinfonia di destini, ma è soprattutto un canto d’amore per gli esseri umani, per chi rimane, fremente eppure inchiodato nell’immobilità di una condizione che una tenace ideologia ci fa credere, da secoli, non tanto la migliore quanto l’unica possibile.
“(...) C’è chi lavora in officina e sogna di dare una sterzata imbarcandosi in un nuovo progetto, chi lotta per per la propria dignità (...), chi si scopre svuotata a causa di un lavoro che non ama, chi il proprio impiego da fattorino vorrebbe lasciarlo per aprire un b&b e poi uno studente che al termine del proprio ciclo dottorale viene spinto da professori e parenti ad accettare un ruolo che a tutti sembra perfetto, ma in realtà è solo tangente agli studi seguiti. Non sembra esserci speranza di cambiamento per la maggioranza di loro se non l’accettazione - a volte col sorriso a volte con lo sguardo basso - di un destino ineludibile (...). Tutto però è stemperato da quella comicità tipica romana in cui l’ironia è una frusta che non guarda in faccia nessuno ma che allo stesso tempo lenisce l’incapacità di scegliere una lotta radicale. (...)”
Andrea Pocosgnich (teatroecritica.net)