A Liegi, in un ambulatorio visita i pazienti Jenny Lavin, giovane dottoressa votata a una brillante carriera. Una sera suonano alla sua porta dopo l'orario: Jenny decide di non aprire. Ma quando un'immigrata africana è trovata morta sulle rive del fiume, la dottoressa si sente colpevole e intraprende un'indagine personale che ne metterà a rischio carriera e incolumità. Il soggetto ha il sapore di un poliziesco a sfondo sociale, un po' alla Simenon, via via che i personaggi rivelano sè stessi, reagendo alle domande di Jenny. Il tutto in perfetto "stile Dardenne": precisione implacabile di inquadrature e movimenti di macchina, centratura dello spazio sui corpi dei personaggi. Morale ma non moralista, il film si ancora allo splendore della sua protagonista, una figura che condensa in modo mirabile l’intera poetica dei Dardenne e La ragazza senza nome rimane l'ennesimo, necessario tassello di due tra i più grandi cineasti europei.