Era il 1966 quando Un uomo, una donna vinse il Festival di Cannes e l’Oscar per il miglior film straniero. Oggi, Claude Lelouch torna a dirigere Anouk Aimée e Jean-Louis Trintignant, per il finale della storia d’amore divenuta cult. L’ex-pilota di rally si trova in una casa di riposo e sembra aver perso la memoria. Suo figlio va a cercare Anne per risvegliare nel padre quella storia che non è mai finita. Le musiche di Francis Lai, la memoria, i desideri di quello che non sono riusciti a fare insieme diventano protagonisti in questa dichiarazione d’amore al cinema, tra ricordi e immaginazione perché, come dice Victor Hugo: “I migliori anni della nostra vita sono quelli che non abbiamo ancora vissuto”. Da brividi il momento in cui Jean-Louis e Anne si rivedono, quando lui la riconosce senza averla in realtà riconosciuta, dando visivamente corpo alla straordinaria riflessione di Lelouch sul mistero della vita e dei sentimenti.
Summary: In residenza dal 22 al 24 giugno negli spazi del CSC, la coreografa Sara Sguotti prosegue la ricerca intitolata Pleasure on the chair - il mio corpo è ancora mio, che coinvolge i Dance Well dancers locali: un percorso che si snoda tra il 2020 e il 2021, tra online e incontri live, dedicato al piacere del gesto e del movimento.
Summary: Il lavoro di Sara Sguotti e Arianna Ulian ruota attorno all'immagine di una crepa, apertura e ferita, attraverso cui è possibile vedere l’altro.
di e con Sara Sguotti e Arianna Ulian testi Arianna Ulian ambiente sonoro Spartaco Cortesi accompagnamento drammaturgico Giovanni Sabelli Fioretti PR e media relations Giuseppe Esposito Produzione Perypezye Urbane Coproduzione OperaEstateFestival \ CSC centro per la scena contemporanea di Bassano del Grappa, MilanoOltre con il supporto di Santarcangelo Festival, IIC Zurigo, Tanzhaus Zurich, Passages Transfestival, IIC Strasburgo, Centro di Rilevante Interesse per la Danza Virgilio Sieni, Théâtre Sévelin 36
Un montaggio di parole, suoni e gesti attorno all’immagine di una crepa, smottamento ma anche apertura, ferita eppure feritoia per corpi che si accostano, diversi ma appartenenti allo stesso lembo: scivolano, glissano, attraversano un tempo di conservazione tra ciò che è definito vivo e ciò che è definito morto: lo mutano, lo invertono. La crepa si è aperta con il suono: schiocco, bruito o schianto. Come un evento irreversibile, ha diviso lo spazio e segnato il tempo. É stato necessario progettare movimenti e trovare parole per comprendere la sua ambivalenza: la crepa apre la possibilità che filtri la luce, attraverso la crepa è possibile vedere l’altro, esponendo i propri lembi è possibile trovare coincidenza in altri lembi. Il lavoro di Sara Sguotti e Arianna Ulian si è mosso nelle occasioni come si muove un materiale solido: smottando, sfregolando. Ha lasciato tracce e si è lasciato tracciare durante le residenze, dai festival e dal pubblico, ha preso forma di laboratorio ed è tornato duetto con diverse durate. Le tracce lasciate sono come detriti del corpo, materiali biologici naturalmente depositati a terra o volatilizzati; capelli, gocce di sudore, unghie, pelle secca, screpolature. Nuove parole e nuovi movimenti raccontano l’ambivalenza di ciò che si perde, che si lascia perdere, che è inevitabile perdere, che non si vorrebbe lasciare. Tutto ciò che in un visionario processo di recupero, riunito, darebbe forma a un altro corpo nostro, con nuove crepe.
Sara Sguotti è una giovane coreografa italiana, inizia la sua formazione artistica all’Accademia di Belle Arti di Frosinone, sin da piccola frequenta workshop e seminari con numerosi artisti internazionali, avvicinandosi al mondo della danza. Dal 2012 comincia a lavorare come danzatrice nella compagnia Virgilio Sieni. successivamente inizia collaborazioni con la compagnia Anton Lachky, con Cristina Rizzo e con Simona Bertozzi. II suo percorso personale di creazione inizia nel 2016 con un primo studio per un solo, poi sviluppato nel lavoro S.Solo, vincitore di DNAappunti coroegrafici. Nello stesso anno dà inizio insieme a Nicola Simone Cisternino al progetto Sa.Ni.
Summary: L'idea di questa nuova creazione di gruppo è nata da una serie di brevi azioni coreografiche chiamate "proteste silenziose" create durante i periodi di lockdown e dedicate al concetto di "corpo della protesta".
Coreografia Daniele Ninarello Performers Vera Borghini, Loredana Canditone, Silvia Brazzale, Raffaele Tori Assistente alla creazione Elena Giannotti Consulenza drammaturgica Gaia Clotilde Chernetich Elaborazioni sonore Saverio Lanza Disegno luci Marco Santambrogio Styling Ettore Lombardi
Produzione Codeduomo. Creazione sostenuta da Étape Danse, progetto di residenze internazionali tra Fabrik Potsdam (De), La Maison centre de développement chorégraphique national Uzès Gard Occitanie, Theatre de Nîmes (Fr), Festival Interplay (It) in partnership con Fondazione Piemonte dal Vivo PDV (Circuito Regionale Multidisciplinare del Piemonte) – Lavanderia a Vapore e Torinodanza Festival/ Fondazione Teatro Stabile di Torino. Il lavoro è sviluppato nella cornice di OnMobilisation, un progetto di cooperazione internazionale supportato dal programma Creative Europe della Commissione Europea con il sostegno di Lavanderia a Vapore – Centro di Residenza per la Danza. Residenza Orbita – Spellbound Centro di Produzione Nazionale della Danza. Con il sostegno di CANGO Centro Nazionale di Produzione della danza, Centro per la Scena Contemporanea – Bassano del Grappa, Inteatro Residenze. Con il supporto del Ministero della Cultura.
L'idea di questa nuova creazione di gruppo è nata da una serie di brevi azioni coreografiche chiamate "proteste silenziose" create durante i periodi di lockdown e dedicate al concetto di "corpo della protesta". Il desiderio è quello di realizzare un processo in cui i/le performer possano abbandonarsi a uno spazio reciprocamente costruito in cui esporre i propri corpi vulnerabili. In questo spazio condiviso i/le performer procedono insieme attraverso una danza che emerge dal proprio flusso di coscienza attivato in tempo reale, al fine di liberare e rivelare tensioni nuove e trattenute. I nostri giorni richiedono una riflessione sul senso della cura, della partecipazione, dell'ascolto e della guarigione. I nostri corpi subiscono continui dettati dall'esterno, sono territori colonizzati dal controllo, dalla violenza e dall'offesa. Siamo costretti a non esprimere la nostra vulnerabilità, che rimane non osservata e non celebrata. L'intenzione è quella di creare un “corpo collettivo” che si autogenera nel presente, come forma di protesta. Quattro corpi si offrono alla comunità, con le loro vulnerabilità esposte e le loro ferite aperte. Le pratiche condivise si concentreranno sull'ascolto di ciò che i propri tessuti connettivi chiedono di rilasciare in risposta alle informazioni fornite dall'ambiente in cui i corpi sono immersi. Gli/le interpreti saranno invitati/e a tradurre verbalmente e gestualmente ogni pensiero, ogni desiderio e impulso che sorgerà come risposta. Il dispositivo coreografico emergerà come un'espansione dell'esperienza somatica che gli interpreti vivono davanti al pubblico, stabilendo una relazione empatica, aprendosi a uno stato immersivo. L'identità di ogni singolo corpo viene rivelata e decostruita in tempo reale, attraverso l'incontro con gli altri, mostrando come i confini possano arrendersi e smettere di difendersi. Si attiva una costruzione reciproca in cui i/le performer traducono in tempo reale la partitura coreografica che si scrive sul loro corpo momento per momento, manifestandosi come corpo vivente, mosso dal desiderio e dal sostegno reciproco per costruire la propria danza liberatoria, vulnerabile e rivoluzionaria.
Sottotitolo: "Bless the Sound that Saved a Witch like me"
Summary: "Bless the Sound that Saved a Witch like me" racconta le diverse realtà e le grida infinitamente diverse che convivono dentro di noi e intorno a noi.
Un assolo coreografico di Benjamin Kahn creato per Sati Veyrunes Creato il 25 marzo 2023 KLAP Maison pour la danse - Marseille Nell'ambito del festival + de Genres
Nel settembre 2020, un gruppo di madri del New Jersey ha deciso di riunirsi in un parco e urlare forte. Si sentivano trascurate nella lotta contro la pandemia. L'atto di gridare collettivamente, rivendicando lo spazio di fronte al proprio ego e condividendo tale necessità, sembrava essere un modo per calmare la disperazione. Dopo questo primo grido collettivo, il New York Times ha installato una linea telefonica pubblica nella speranza di aiutare questo tipo di comunicazione. Uno dei punti di partenza di questa ricerca è la protesta sociale di queste madri, così come di molte altre donne negli ultimi decenni.
Con l'interprete/solista Sati Veyrunes e il compositore Yamila Rio Manzanares, si è voluto mettere in discussione i mezzi di espressione legati all'urgenza. Il grido è scarsamente documentato nella storia della filosofia e delle scienze sociali. Il più delle volte è associato a rabbia, isteria e caos ed è censurato nel linguaggio quotidiano. Questo assolo è un tentativo di riappropriarsi di questa espressione radicale per articolare e domare questo bisogno primordiale. Attraverso un potente viaggio fisico e sonico, si conduce il pubblico a incontrare bellezza, armonia e simmetria, rendendo accessibile questo impulso vitale di nuovo. Possiamo considerare il grido come la forma più istantanea e udibile di personale l'urgenza verso lo spazio politico e pubblico. Diventa uno strumento drammaturgico e coreografico per facilitare la fusione di diverse realtà e del loro stato di crisi.
"Bless the Sound that Saved a Witch like me" è una scrittura plurale, per sottolineare la diversità delle realtà e le grida infinitamente diverse che convivono dentro di noi e intorno a noi. C'è questo grido intimo ed esistenziale e il pubblico urla per l'urgenza personale e collettiva. Nella scrittura c'è il solo e il coro, come una solitudine segnata da tutte le lotte. Lo spettacolo indaga i confini tra l'intimo e il collettivo e la possibilità di una necessaria liberazione.
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