PEDIGREE
Babilonia Teatri
PEDIGREE
Babilonia Teatri
01 Settembre 2017 | 22.30
Prezzo: €5.00
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In scena c’è un giovane uomo con due mamme ma nessun papà. Babilonia Teatri indaga l’assenza attraversando il tema dell’inseminazione artificiale. Per farlo sceglie un linguaggio che ti entra dentro,che non scivola via ma rimane, nelle orecchie, sulla pelle, nel corpo.
Una memoria anatomica capace di ferire e colpire per il peso di umanità che si porta dietro, e per la poesia delle sue parole leggere.
Di Babilonia Teatri
Regia Babilonia Teatri
Con Enrico Castellani
E con Luca Scotton
Parole Enrico Castellani
Cura Valeria Raimondi
Luci e audio Babilonia Teatri/Luca Scotton
Direzione di scena Luca Scotton
Un progetto di Babilonia Teatri
Organizzazione Alice Castellani
Scene Babilonia Teatri
Costumi Franca Piccoli
Foto di scena Eleonora Cavallo
“(...) Un giovane uomo ripercorre la propria vita; ricostruisce, narrandolo, il proprio universo, le prime esperienze sensoriali fatte di «voci, odori, affetti, come quelli degli altri, niente di strano», si sofferma su alcuni episodi, come quello, significativo, in cui il compagno di classe, alla vista del problema di aritmetica, sposta l’accento dalla sua risoluzione all’evidenza della diversità dell’amico: l’esser figlio di una coppia omogenitoriale, una famiglia in cui lui, mamma Perla e mamma Marta non avrebbero potuto dividere equamente i polli. Due figure benevole queste: materne, candide, evocate dai due abiti bianchi da far dondolare al soffitto (...) il problema non è convivere con la diversità, ma il diritto all’esistenza del diverso. (...) In apertura, Enrico Castellani, (...) ancora prima di iniziare a parlare, prende quattro polli: li bacia, con fare quasi rituale li infilza su uno spiedo e li mette a rosolare. Non sappiamo ancora il nesso, ma il teatro suo e di Valeria Raimondi (che qui come sempre cura la regia) ci ha abituato a considerare l’indispensabilità del segno performativo rispetto a quanto accade in scena. Quei polli allo spiedo ritornano certo nelle parole, ma nel corso dei cinquanta minuti - di spettacolo e di cottura - con la loro presenza materica che colpisce olfatto e gusto, acquisiscono il peso della condivisione del disagio del protagonista. Proprio quell’odore a tratti nauseante rimarca un senso prima di tutto fisico, quindi concettuale. Allora la parola teatrale e popolare di Babilonia Teatri (...) non ha più bisogno nemmeno di essere sputata in faccia con violenza. Forse, in distacco da quella sonorità che li ha caratterizzati, la parola può essere anche dolce, cristallina, cullata, sempre mantenuta su un piano addirittura colloquiale, senza per questo smettere di avere su di sé la forza di un pugno nello stomaco”.
Viviana Raciti (teatroecritica.net)