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STABAT MATER

Hilde Elbers

STABAT MATER

Hilde Elbers

26 Agosto 2017 | 16.00
Oratorio Ca' Erizzo,
Bassano del Grappa
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Prezzo: €5.00


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Per la coreografa Hilde Elbers la commissione del festival sullo “Stabat Mater” è stata l’occasione per esplorare più da vicino il concetto di peccato originale. In un passo a due rituale e allo stesso tempo concreto, due danzatori riprendono il proprio posto, rivendicando il loro diritto di essere, senza biasimo o senso di colpa. Un potente “no” all’inarrestabile bisogno di dimostrare meritevole la propria vita.
Coreografia Hilde Elbers Danzatori Hilde Elbers, Judit Ruiz Onandi Musica Natasja Giebels Foto Paul van Weert Per la coreografa Hilde Elbers la commissione del festival sullo “Stabat Mater” è stata l’occasione per esplorare più da vicino il concetto di peccato originale. In un passo a due rituale e allo stesso tempo concreto, due danzatori riprendono il proprio posto, rivendicando il loro diritto di essere, senza biasimo o senso di colpa. Un potente “no” all’inarrestabile bisogno di dimostrare meritevole la propria vita. Il poema medievale latino “Stabat Mater”, che è diventato parte della liturgia cattolica, descrive l’immenso dolore di una madre per il figlio che è morto a causa dei peccati dell’umanità. Il poema è stata la ragione per cui la coreografa ha esplorato criticamente e più da vicino il concetto di peccato originale, riguardo al quale il messaggio è diretto e preciso: per riuscire a tornare nel giardino dell’Eden bisogna redimersi. Il lavoro nega quell’originaria idea di colpa. In una sorta di rituale, due danzatori rivendicano il loro posto e loro diritto a “essere” sensuali ma senza colpa, crudeli e delicati allo stesso tempo. Sbucciando via strati come vecchie pelli che cadono, strappando vecchie abitudini e vincoli come se fossero degli abiti troppo stretti. Ciò che resta è la gioia della fiducia e della femminilità prive di pregiudizi. For choreographer Hilde Elbers the Medieval Latin poem Stabat Mater was reason to explore the concept of original sin more closely and critically. In an equally ritualistic as earthly duet two dancers recapture their place, the right to just be, without blame. Cleaning from skin old and petrified layers as if they were too tight suits. A powerful no against the relentless urge to prove oneself worthy to be.