LA PICCIONAIA / PAOLA ROSSI / CARLO PRESOTTO
Come se in acqua stata non fosse
LA PICCIONAIA / PAOLA ROSSI / CARLO PRESOTTO
Come se in acqua stata non fosse
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Di e con Paola Rossi e Carlo Presotto
Musiche dal vivo Rachele Colombo
videofondali di Carlo Presotto
luci, fonica e proiezioni Matteo Balbo
consulenza storica e iconografica Daniela Caenaro e Angelo Chemin
Riallestimento in occasione del Decennale di Nostra Signora del Pedancino.
L’occasione è quella delle Feste Decennali dei Nostra Signora del Pedancino di Cismon del Grappa, il cui simbolo religioso è strettamente legato anche al tema dei “profugati” della Grande Guerra. In quell’occasione, tutta la popolazione del paese fu inviata in Sicilia, insieme a quella Madonna che da secoli la proteggeva. Quando, nel 1919 fecero ritorno, e tornò infine anche la “Madonna profuga”, ad attenderli trovarono un paese distrutto... Una storia quindi che narra di una comunità e dei riti della devozione popolare, attraverso documenti e immagini, musica e videofondali che animeranno la Chiesa della Madonna.
Nel giugno del 1919 gli abitanti di Cismon fecero ritorno al loro paese. Se ne erano andati più di un anno e mezzo prima, in fuga dalla guerra che, dopo la disfatta di Caporetto, si avvicinava rapidamente alla loro valle.
Prima di partire chiesero di portare con sé la statua della Madonna del Pedancino, un’immagine miracolosa che da secoli proteggeva il paese. Il popolo di Cismon fu fatto salire su due treni e inviato in Sicilia, per la maggior parte a Giarre, dove, malgrado i disagi e le ristrettezze, si cercò di preservare lo spirito della comunità. Nella confusione di quei giorni, però, la statua della Madonna andò perduta, per esser poi fortunosamente ritrovata in un deposito ferroviario e inviata a Giarre solo due mesi dopo. La sacra immagine non era nuova a queste avventure, fin dalla sua miracolosa apparizione, nell’ottavo secolo, sulle rive del torrente Cismon.
Ci fu poi la disastrosa alluvione del 1748, quando gran parte delle case della valle vennero distrutte dalla furia dell’acqua e la Madonna, strappata dal suo altare, fu trasportata fino alla Friola di Pozzoleone, dove venne ritrovata intatta.
In Sicilia, a Giarre, la statua ebbe un altare nella chiesa di un convento e il suo culto, attorno al quale si radunava la comunità dispersa dei cismonesi, si estese anche alle popolazioni locali.
Tornò infine coi suoi fedeli a Cismon, la Madonna profuga. Ma ad attenderli trovarono un paese distrutto, non più dall’acqua, questa volta, ma dalla guerra. Case demolite o comunque inabitabili, strade invase dalle macerie, boschi abbattuti. Gli abitanti si rifugiarono in baracche e con loro la Madonna, su di un altare di fortuna, fino alla ricostruzione e al ritorno alla normalità.
Il racconto narra la storia di una comunità, stretta attraverso i secoli attorno ad un simbolo religioso, e ai riti della devozione popolare, fatta di canti, preghiere, processioni, ma anche di piccoli gesti di affetto e di dedizione. In un rapporto biunivoco di amore, di cura e di protezione.
Il racconto si costruisce attraverso narrazione, documenti, canti e immagini.