MIRKO ARTUSO / TEATRO DEL PANE
METAMORFOSI
MIRKO ARTUSO / TEATRO DEL PANE
METAMORFOSI
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METAMORFOSI
libero adattamento dalle Metamorfosi di Ovidio
di e con Mirko Artuso e Alberto Rizzi
musiche Silvia Regazzo e Alberto Bettin
Produzione Teatro del Pane / Centro Teatrale Da Ponte
con la collaborazione di Fondazione Benetton - Studi e Ricerche
L’età, tutte le età, ci porta a mutare e come gli animali a cambiare la pelle, il manto, le squame e far spazio a ciò che di nuovo la vita ci riserva. Una forma nella nuova forma. Quella che più comunemente chiamiamo trasformazione. Ciò che ci disturba non è cambiare ma il dover cambiare, l’essere cambiati. Ecco il ruolo disturbante dei grandi classici che mai ci rassicurano ma piuttosto ci interrogano ponendoci domande scomode, chiedendoci di mutare conoscendoli. Un poema che è già uno spettacolo nella sua lotta tra corpi e parole, tra mutamenti e stasi, tra violenza e amore, tra l’incontro e lo scontro, tra l’umano e il divino. Suoni, clamori, rumori noti, lampi improvvisi. Infinito intreccio di parole e immagini, musica e silenzi.
Quando cambiamo? Cosa cambiamo veramente?
Le trasgressioni nella vita di un adolescente sono cambiamento?
La solitudine in natura è cambiamento?
L’essere esposti al giudizio degli déi ci fa cambiare?
Qual’è il vero senso del pericolo?
“Siamo in un universo in cui le forme riempiono fittamente lo spazio scambiandosi continuamente qualità e dimensioni, e il fluire del tempo è riempito da un proliferare di racconti e di cicli di racconti“. Italo Calvino osserva: “La contiguità tra déi e esseri umani – imparentati agli déi e oggetto dei loro amori compulsivi – è uno dei temi dominanti delle Metamorfosi, ma non è che un caso particolare della contiguità tra tutte le figure o forme dell’esistente, antropomorfe o meno.
Fauna, flora, regno minerale, firmamento, inglobano nella loro comune sostanza ciò che usiamo considerare umano come insieme di qualità corporee e psicologiche e morali. La poesia delle Metamorfosi mette radice soprattutto su questi indistinti confini tra mondi diversi e già nel libro II trova un’occasione straordinaria nel mito di Fetonte che osa mettersi alla guida del carro del Sole. Il cielo come spazio assoluto, geometria astratta e insieme come teatro d’un’avventura umana resa con tale precisione di dettagli da non farci perdere il filo neppure per un secondo, portando il coinvolgimento emotivo fino allo spasimo“.